Antiche le origini dell'unica isola del Lario. Da taluni storici venne ritenuto che in lontanissimi tempi su essa fioriva una città: Comacchia.
Distrutta questa ed emigrati al sud gli abitanti fondarono due villaggi: Como e Vico che, poi, congiunti divennero Como.
Con la conquista romana, anche l'isola seguì la sorte di Como, ma sulla strada in cui confluivano tutti gli interessi vitali del tempo, ebbe la sua non lieve importanza. Si pensa sia stata popolata dai Greci qui portati dai Romani.
Divenne una specie di roccaforte della Cristianità. L'isola crebbe in potenza e gareggiò con Como al punto di schierarsi contro di essa, nella famosa guerra dei dieci anni, alleata con Milano.
L'Isola Comacina, venne espugnata dai Comaschi nel 1169, ebbe smantellate le sue fortezze, distrutto il suo castello, demolite le sue chiese, messi in fuga gli abitanti scampati all'eccidio.
Da allora, sulle rovine, crebbe l'erba e i secoli corsero.
L'isola passò poi a diversi proprietari. Nel 1196 risulta appartenere al Vescovo di Como. Il Cav. Augusto Caprani di Sala Comacina acquistò interamente l'isola con l'atto di compera dell'ultimo lotto di terra nel 1911.
Lo stesso la legò per testamento alla Maestà di re Alberto del Belgio che, con un altro atto di donazione, legò l'isola all’Italia.
Con decreto reale del 1927 venne eretta in Ente Morale, passò sotto il patronato della principessa Maria José, governata da due Commissioni, una deliberativa a Roma col ministro della P.I. e l'ambasciatore del Belgio, l'altra esecutiva a Milano, col Presidente dell'Accademia delle Belle Arti e Console Belga.
Aveva per scopo la costruzione di soggiorni sull'isola per artisti belgi ed italiani, ma solo con l'intervento dei Cav. Eugenio Brenna, podestà dei Comune di Isola Comacina, si diede inizio alla costruzione di tre villette, su progetto dell'arch. Pierino Lingeri. I successivi anni di guerra le resero pressochè inabitabili. Ripresero ultimamente la loro funzionalità per opera dell'attuale Presidente dell'Accademia delle Belle Arti, arch. Paolo Candiani.
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